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I mulini (i mulen)
Il fiume Conca nasce a 1245 metri di quota dall'Eremo del monte Carpegna e percorre un cammino di Km 47 in cui, dai primi con trafforti appenninici, è condotto sulla pianeggiante zona costiera compresa tra i territori di Rimini e Pesaro, fino a sfociare presso Portoverde.
Per i primi Chilometri non è altro che un ruscello, ma poi si arricchisce dell'acqua di alcuni piccoli affluenti e in località Monteboaggine è già abbastanza largo da aver richiesto la costruzione del primo ponte sul Conca. Il fiume prosegue per Montecerignone continuando a scorrere veloce per la pendenza del terreno, fino a raggiungere la piana di Mercatino da dove il suo letto tende ad allargarsi rallentandone il corso.
Così, placidamente(...anche se ancora dagli abitanti della  
  


Valconca sono ricordate le rovinose piene del fiume che in passato accedevano piuttosto frequentemente, tanto che Lucano, poeta latino, ebbe a definire il Conca "crustumium rapax") accarezza Taverna, Morciano, San Clemente, Pian Ventena, per riversarsi, presso Portoverde, nel mare Adriatico. Lungo tutto il suo percorso il fiume Conca ha continuato, fin dai secoli passati, ad alimentare un gran numero di "fosse" cioè canali artificiali paralleli al fiume utilizzati per attivare i mulini, oltre che per irrigare i campi. E infatti nel 1662 il Conca alimentava ben 66 mulini i quali erano ed hanno continuato ad essere fino al secolo scorso un momento fondamentale dell'economia, in gran parte agricola, del riminese.
Addirittura gli "statuti di Rimini" prescrivono, fin dalla loro originaria impostazione del 1300 circa, una nutrita serie di norme riguardanti l'uso delle acque dei canali e, in particolare, la salvaguardia e manutenzione di questi ultimi.
Infatti le fosse dei mulini erano sovente oggetto di contestazioni e liti, per l'incuria dei mugnai e soprattutto per l'abuso da parte di contadini e ortolani che dirottavano le acque per irrigare i campi.
Inoltre, nei momenti di particolare siccità estiva, veniva ulteriormente ridotto il tempo di utilizzo delle acque a favore degli ortolani, a dimostrazione della preminenza riconosciuta alla funzione e all'utilità dei mulini nell'ambito dell'economia locale.
Anche nel terreno di Morciano e dei comuni circostanti ci fu in passato una cospicua presenza di mulini la cui produzione era legata strettamente alla locale attività commerciale: farina e cereali, oltre che bestiame e altri prodotti agricoli venivano scambiati nei mercati e nelle fiere morcianesi cui accorrevano genti da tutto il riminese e anche oltre. Di questi mulini oggi restano alcuni esemplari di notevole interesse storico:
Mulino Casarola.
Si trova a circa 3 Km da Morciano, in territorio di S.Clemente; il complesso dell'edificio, che comprende mulino, segheria e abitazione, è stato costruito nel 1726 ed ora è di proprietà dei fratelli Binotti; si tratta di un mulino idraulico "orizzontale" in cui l'acqua , proveniente dalla fossa, aziona le pale di legno di una ruota collocata sotto il pavimento dell'edificio.
Questa trasmette il moto alla macina superiore, essendole collegata, la quale, ruotando sulla sottomacina fissa, tritura il grano.
Mulino dei Malatesta
Fu costruito intorno al 1400 lungo la strada della "Pedrosa", in fondo alla costa di "Paglialunga". Questo mulino vantava importanti opere murarie per garantirsi un continuo approvvigionamento idrico. Infatti sembra che le fosse di portata dell' acqua fossero due e precisamente: una a corso sotterraneo, lunga 5/600 metri, l'altra all'aperto, in superficie.
Mulino Rossi
Si trova presso il fiume in zona Santa Maria Maddalena e fa parte di un grosso complesso di costruzioni, appartenente dal 1930 alla famiglia Rossi di Morciano.
Anche questo mulino ad acqua , come il precedente, fu fatto costruire dai Malatesta.
Mulino Valle
E' a S.Clemente. E' situato sulla fossa destra del Conca ad 1 Km circa dall'Abbazia di San Gregorio dalla quale in passato dipendeva. 
Mulino Trado
Sorgeva a S.Clemente sulla fossa sinistra (ora chiusa) del fiume vicino al ponte di Morciano. La vecchia costruzione è stata trasformata in abitazione dagli attuali proprietari che la chiamano ancora "casa del mulino".
 
La tradizionale molitoria locale venne raccolta e potenziata dall'iniziativa del morcianese Nicola Ghigi, fornaio e commerciante in generi alimentari, che nel 1870 decise di ampliare la propria attività iniziando a produrre pasta secca di grano duro per minestre.
Il suo forno in Via Ronci divenne così un piccolo laboratorio, il primo pastificio, dove, con macchinari rudimentali, si produceva la pasta per tutto Morciano e per una limitata clientela oltre i confini locali. Nicola Ghigi morì nel 1894. Diciassette anni dopo scomparve anche il figlio maggiore, Stefano, che fino ad allora aveva preso le redini dell'attività paterna. Dal 1911 la piccola azienda fu gestita, con non poche difficoltà, dalla moglie di Nicola, Margherita. Nel 1922 i figli Angelo ed Emilio, che ormai erano grandi abbastanza, decisero di seguire le orme paterne. 
   
Si acquistarono nuove macchine e la produzione venne incrementata: dagli iniziali 5q.li di pasta al giorno si passò a 20 e poi a 40. Il mercato si allargò a tutta la Romagna, determinando la trasformazione della bottega artigianale in piccola industria. Il molino alimentare venne ingrandito e tecnicamente potenziato; a fianco del pastificio si costruì il mangimificio (per la produzione di alimenti per animali) che, utilizzando i sottoprodotti della lavorazione pastaria, andava a completare il ciclo produttivo integrato della Ghigi.
Fu una crescita continua fino agli inizi degli anni '60. La posizione raggiunta dalla Ghigi e le onerose responsabilità che ne conseguivano diedero luogo a forti tensioni fra i fratelli Emilio e Angelo Ghigi, che culminarono nella loro separazione nel 1964.
Angelo uscì dalla società morcianese per fondare una nuova azienda, con lo stesso nome, a Rimini. Seguirono anni di profonda crisi per il pastificio, alla cui guida, intanto, era passato Giorgio Ghigi, figlio di Emilio, ed anche per l'intera comunità morcianese, che, al pastificio, legava gran parte della propria economia.
La separazione di una delle componenti della proprietà indebolì notevolmente la struttura commerciale e finanziaria della Casa Madre di Morciano, proprio quando il processo di concentrazione dell' industria da un lato, è dalla distribuzione dall'altro, sottoponevano il settore della pasta ad una selezione severa, colpendo anche aziende di grande rilievo.
Sì passò dalla piena occupazione alla creazione di liste di disoccupati, con conseguente verificarsi di scioperi e contrasti fra i componenti dell'azienda.
Nel 1980 avvenne l'incontro fra la Ghigi e la CON.SV.AGRI., una cooperativa forlivese operante nel settore agricolo che raccoglie dodici società cooperative.
La CON.SV.AGRI. acquisì la Ghigi e importò un nuovo programma di sviluppo basato sull'integrazione fra produzione agricola, trasformazione industriale e commerciale dei prodotti. Gli effetti di tale programma di recupero del mercato e di rinnovo degli impianti non hanno tardato a manifestarsi: negli ultimi 10 anni il fatturato si è triplicato passando da meno di 14 miliardi del '79 ai 45 del '90, anno in cui, fra l'altro, si sono celebrati i 120 anni dalla fondazione del Pastificio. Nuovi dipendenti sono stati assunti dall'attuale gestione e significativi investimenti in impianti sono stati realizzati per ammodernare l'apparato produttivo, accanto al potenziamento della rete di vendita e della struttura direttiva di sede.
Per il futuro la CON.SV.AGRI. si propone un'affermazione del marchio Ghigi nei mercati esteri mediante un'ulteriore qualificazione dei suoi prodotti, specialmente nel settore della pasta all'uovo.
 
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